«Un autre monde», un grande film chiude il concorso di Venezia

«Un autre monde», un grande film chiude il concorso di Venezia

Emozioni forti in chiusura del concorso veneziano: il francese «Un autre monde», uno degli ultimi film presentati in competizione, è tra i titoli più intensi dell’intero cartellone e si candida per un premio importante. Si tratta del terzo capitolo della trilogia sul mondo del lavoro firmata da Stephane Brizé, iniziata con «La legge del mercato» (2015) e proseguita con «In guerra» (2018). Come per i due film precedenti, anche in questo caso il protagonista è Vincent Lindon: l’attore transalpino veste qui i panni di un dirigente d’azienda, che si trova a dover gestire una grave crisi coniugale e, allo stesso tempo, una serie di pesanti problematiche professionali che potrebbero portarlo a dover fronteggiare direttamente i vertici della multinazionale per cui lavora.

Aperto da una serie di fotografie che ritraggono la famiglia del protagonista, il film inizia spingendo subito sull’acceleratore dell’emotività e sarà così fino alla conclusione. È una pellicola altamente drammatica «Un autre monde», che riesce a coinvolgere e persino a commuovere, grazie a una serie di sequenze particolarmente toccanti collegate alle dinamiche familiari messe in scena. Con il consueto stile realistico (realizzato con una cinepresa a mano che sta molto vicino ai personaggi), Brizé mantiene uno sguardo semidocumentaristico che dà ulteriore credibilità alle vicende narrate.

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Straordinario Vincent Lindon

Non è la prima volta, anzi, che Brizé costruisce figure ricche di umanità, ma qui arriva a superarsi con il personaggio principale, un uomo che accetta i suoi sbagli e si prende le proprie responsabilità fino alla fine: merito anche della straordinaria performance di Vincent Lindon, che si conferma uno dei più grandi attori in attività (quest’anno l’abbiamo visto anche in «Titane», film che ha vinto la Palma d’oro a Cannes). Se la scrittura e le interpretazioni sono di altissimo livello, non è da meno una regia costantemente in controllo dei tempi di montaggio e capace di sfruttare al meglio una toccante colonna sonora che contribuisce all’ottimo risultato finale. Un film che merita di entrare nel palmarès, che verrà annunciato nella serata di sabato 11 settembre.

On the Job: the Missing 8

Molto meno significativo è invece il filippino «On the Job: the Missing 8» di Erik Matti, inserito anch’esso in concorso. Seguito di «On the Job» del 2013, con quel film ha in comune la lunga durata (questo nuovo lungometraggio dura circa tre ore e mezza) e una forte denuncia socio-politica. Al centro della narrazione di questa pellicola corale ci sono due figure: un giornalista corrotto, che cerca giustizia per i suoi colleghi, e un detenuto che viene regolarmente scarcerato per compiere degli omicidi. Regista poco conosciuto al grande pubblico, Erik Matti (che ha firmato anche diversi B-Movie di culto nel corso della sua carriera) cerca di riflettere con questa pellicola su una realtà di cui i media parlano poco, ovvero la scomparsa improvvisa di persone nelle Filippine, tra impunità e mancanza di responsabilità delle autorità. Gli spunti sono interessanti e il ritmo regge, nonostante la durata torrenziale, ma è un film che sa troppo di già visto e che fatica a far arrivare i messaggi allo spettatore in maniera incisiva.

Fonte: Il Sole 24 Ore