Un democristiano a Bruxelles: chi è Fitto, dall’idillio con Berlusconi al governo Meloni
L’enfant prodige della politica italiana è cresciuto. Dopo il voto dell’assemblea plenaria del Parlamento europeo a favore della nuova Commissione von der Leyen, Raffaele Fitto da Maglie, in provincia di Lecce, 55 anni compiuti a fine agosto, si appresta a insediarsi nel ruolo di vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega alle Riforme e alla Coesione. L’apice di una carriera cominciata prestissimo, dopo un tragico lutto: suo padre Salvatore, presidente della Regione Puglia, perde la vita in un incidente stradale nell’agosto 1988. L’orizzonte degli eventi. A raccogliere la sua eredità politica, nelle file della Democrazia cristiana, c’è lui, Raffaele, che appena ventenne viene eletto in Consiglio regionale nel maggio 1990 segnando il record nazionale di 75.366 preferenze personali. Un plebiscito. E anche una lezione ricorrente nella sua vita: da dolori e fallimenti s’impara, e si rinasce.
La scuola della Democrazia cristiana
Della scuola Dc conserva il moderatismo, la propensione all’ascolto e alla mediazione, la fede cattolica come punto di riferimento dell’azione personale, ma anche il solido europeismo della tradizione Popolare che affonda le sue radici in De Gasperi, Adenauer e Schuman. Con lo scudo crociato sul petto diventa nel 1993 consigliere comunale di Maglie e l’anno successivo, dopo lo scioglimento del partito, aderisce al Ppi di Mino Martinazzoli. Ma nel 1994 è tra i fautori, con Rocco Buttiglione, della scelta di allearsi con Forza Italia di Silvio Berlusconi e con Alleanza nazionale di Gianfranco Fini. Con i Cristiani democratici uniti (Cdu) – mantenendo ottimi rapporti con il Ccd di Pier Ferdinando Casini – viene riconfermato consigliere comunale e regionale, salendo di livello con la nomina a vicepresidente della Regione e assessore al Turismo nella Giunta di Salvatore Distaso.
Dal Parlamento Ue alla guida della Regione Puglia
La strada della coalizione di centro-destra nel Polo per le libertà è nel suo Dna. Nel 1998 dice addio alla Cdu, contrario al progetto neocentrista dell’Udr portato avanti da Francesco Cossiga, e fonda insieme al gruppo di Roberto Formigoni i Cristiani democratici per la libertà. Alle europee del 1999 viene candidato al Parlamento europeo nelle liste di Forza Italia: con 128.637 preferenze si afferma come il secondo degli eletti dopo il Cavaliere. L’avventura europea si interrompe un anno dopo, con l’elezione alla presidenza della Puglia a soli trent’anni, il governatore più giovane nella storia repubblicana sostenuto dalla Casa delle libertà. Un cerchio, anche simbolico, si chiude: Fitto arriva a sedere sullo scranno del padre. Carattere opposto – tanto estroverso Salvatore quanto introverso Raffaele – ma stesso approccio. «La concretezza unita alla progettualità», dirà in una delle sue rare interviste.
L’idillio con Berlusconi e la nomina a ministro
Cinque anni dopo ci riprova, ma non ce la fa: viene sconfitto da Nichi Vendola di Rifondazione comunista, supportato dal centro-sinistra, e mantiene il ruolo di guida dell’opposizione in Consiglio regionale fino al giugno del 2006, quando per la prima volta entra al Parlamento italiano da deputato di Forza Italia, di cui dal 2005 al 2009 è coordinatore in Puglia e dal 2006 coordinatore per l’Italia meridionale. Sono gli anni in cui la procura di Bari apre un fascicolo per corruzione, da cui deriverà una via crucis giudiziaria che si concluderà solo nel 2017 con l’assoluzione piena in Cassazione. E sono anche gli anni in cui viene indicato come «delfino» di Berlusconi, che lo definisce «cavallo di razza». Prima lo nomina responsabile per i rapporti con gli altri partiti e poi, nel 2008, dopo la rielezione a Montecitorio, lo chiama nel suo quarto Governo come ministro per gli Affari regionali. In quella compagine stringe il sodalizio che si scoprirà cruciale e duraturo: quello con Giorgia Meloni, allora ministra della Gioventù. Golden boy e golden girl.
La rielezione a Strasburgo
Dopo la sconfitta alle regionali pugliesi del 2010 rassegna le dimissioni da ministro, ma il Governo le respinge. In estate alla delega per gli Affari regionali si aggiunge quella per la Coesione territoriale, con la guida del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica. Nel 2013 viene confermato deputato e a novembre, con la fine del Pdl, aderisce ufficialmente a Forza Italia nelle cui liste viene candidato e rieletto alle europee dell’aprile 2014 come capolista per l’Italia meridionale. Lascia il seggio a Montecitorio per trasferirsi di nuovo a Strasburgo. Ma le ruggini con il Cavaliere aumentano: Fitto non condivide la via del Patto del Nazareno, entra in collisione con il suo “cerchio magico”, fonda la corrente dei Ricostruttori. Nella primavera del 2015 arriva l’addio a Fi e l’adesione al gruppo Ecr dei Conservatori e riformisti europei, dove siedono anche i conservatori britannici. Nel 2017 in Italia Fitto diventa presidente dei Conservatori e riformisti, che alla Camera si federa in Direzione Italia entrando nel Misto alla Camera e in Gal al Senato. Alla fine dell’anno, in vista delle politiche 2018, con Maurizio Lupi, Enrico Costa, Saverio Romano, Enrico Zanetti e Flavio Tosi nasce Noi con l’Italia che stringe un patto con l’Udc di Lorenzo Cesa per proporsi come quarta gamba della coalizione di centro-destra. Non sarà un successo.
Fonte: Il Sole 24 Ore