Un “inedito” Chagall al Centre Pompidou
È un appuntamento speciale e totalmente sui generis l’esposizione che il Centre Pompidou di Parigi offre agli ignari visitatori in cerca di meraviglia. Una caccia all’incanto che vede il famosissimo pittore russo – naturalizzato francese – Marc Chagall (1887-1985) in una veste inedita: ben centoventisette disegni, cinque ceramiche e sette sculture popoleranno fino al 26 febbraio un’ala del celebre museo contemporaneo. I preziosi lavori – datati tra il 1945 e il 1970 – sono stati ottenuti grazie alle donazioni delle sue nipoti Bella e Meret Meyer. La mostra presenta tre temi principali: i progetti di Chagall per costumi e scenari dell’opera di Stravinsky “Oiseau de feu”, andata in scena dall’American Ballet Theatre nel 1945, gli schizzi e i modelli per il soffitto dell’Opéra Garnier del 1962 e un’interessante serie di ceramiche, sculture e collage successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
La musica è il fil rouge conduttore dell’intera esposizione
La musica è il fil rouge conduttore dell’intera esposizione, perché gioca un ruolo fondamentale nella filosofia artistica di Chagall: “Bisogna fare in modo che il disegno canti grazie all’ausilio del colore”. Le bozze esposte sono infatti step preparatori per i dipinti finali, modelli utili per comprendere appieno il suo straordinario processo creativo.Il contributo all’“Oiseau de feu”Disegnare e inventare i costumi di scena de l’“Oiseau de feu” fu salvifico per Chagall, caduto in forte depressione per la morte di sua moglie Bella nel settembre del 1944.
L’artista durante il suo esilio a New York inventò un sipario che rappresentasse gli elementi principali e fantastici della storia, commemorando la compagna con tracce del suo volto nascoste nella sceneggiatura del balletto. Per i costumi prese ispirazione dal folklore russo e dalle singolari bambole kachina dei nativi americani. Le prime bozze mostrarono stralci di movimento, cosicché i vestiti calzassero perfettamente con la morfologia corporea di ogni ballerino. All’ultimo minuto decise di aggiungere tocchi di colore per farli apparire al meglio nei vari scenari: la loro opulenza da sogno arricchì il sontuoso linguaggio musicale di Stravinsky. Colore, musica e danza divennero una cosa sola.
Il soffitto dell’Opéra Garnier
Nel 1962, il Primo Ministro francese per la Cultura André Malraux chiese a Chagall di decorare i preziosi soffitti dell’Opéra Garnier. Nonostante la vivace stampa francese e internazionale – spesso tinta di antisemitismo – l’artista riuscì a presentare due riproduzioni su larga scala a Malraux l’anno successivo. La decorazione prevedeva dodici pannelli irradiati da un cerchio centrale. Il pittore immaginò dei blocchi di colore come segno distintivo, esaltando così l’architettura superba dell’Opéra di Charles Garnier, sacro scrigno della musica parigina: “Cose, natura e persone intrise nella luce della libertà come se stessero facendo un bagno colorato”.
Collage, sculture e ceramiche
Nel tardo 1940, Chagall iniziò a produrre ceramiche, prima di passare alla scultura. Si interessò soprattutto ai bassorilievi per enfatizzarne l’aspetto pittorico, utilizzando luce e materia così da rivelare i disegni più che il colore. Le figure ibride richiamano echi dei capitelli e dei frontoni medievali visti in Chartres e Vézelay nel 1952. I due viaggi in Grecia nel 1953 destarono ancora una volta l’interesse dell’artista per l’antico, come si può notare nel suo Autoritratto, che ricorda il profilo di una medaglia. Dal 1960 al 1970, Chagall produsse diverse serie di collage, sfruttando la tecnica già usata nel 1920 per creare i costumi dei balletti. Tuttavia stavolta sperimentò tessuti lucidi come la seta a contrasto con gouache opaca, giocando con i volumi grazie all’uso di stoffe sgualcite. Incollò stoffa e carta per inventarsi delle mood board, bozzetti da cui prendere ispirazione per moda e decorazioni.
Fonte: Il Sole 24 Ore