Un ponte linguistico (e sociale) tra malato e medico

Un ponte linguistico (e sociale) tra malato e medico

Linda De Luca è interprete medico, una delle tante ramificazioni del lavoro con le parole ma forse più preziosa di altre per la delicatezza e l’importanza del comprendere (e comprendersi) in situazioni di pericolo e dolore.

Nel libro Avrai sempre la mia voce l’autrice racconta la sua esperienza negli Stati Uniti dove, nel caso in cui la lingua madre di un paziente sia diversa dall’inglese, in automatico si convoca un interprete anche se il paziente in questione vive lì da anni. La specificità della terminologia e la crucialità delle azioni da mettere in campo sono tali che non ci si può permettere il lusso di non capirsi o generare incertezze, anche rispetto ai familiari o accompagnatori del malato. De Luca – cresciuta in una famiglia di medici – racconta il viaggio che l’ha portata a questa professione e come ha raggiunto la preparazione necessaria, a partire da un corso seguìto a New York in cui ha appreso nozioni indispensabili: non solo i concetti e il lessico anatomico, farmacologico, chirurgico ma anche le consuetudini degli ospedali (dove ad esempio si prediligono gli acronimi), le regole di ingaggio quando ci si relaziona con gli interlocutori, il rispetto della privacy.

Poi però ci sono quelle che lei chiama zone grigie, alle quali nessun corso potrà mai preparare: la traduzione di una diagnosi spietata, la gestione delle domande incalzanti dei pazienti, l’intervento con le famiglie, le eccezioni alle regole deontologiche (come il videomessaggio della cantante preferita mostrato a una giovane assistita, pazza di gioia per l’inatteso regalo). L’ampio spazio dedicato alla sfera emotiva, all’empatia imprescindibile in un’attività del genere, alla crescita umana di chi scrive queste pagine si intreccia felicemente con le descrizioni dei vari casi medici: dall’anziano di origine lucana bloccato per via di due protesi alla giovane donna conosciuta per un’ecografia in gravidanza e poi incontrata due anni dopo per un cancro al seno, fino alla 75enne Adelina, affetta da una depressione psicotica e immersa in un suo mondo.

De Luca offre una testimonianza appassionata, a volte sorprendente (come nel caso di Salvo, sottoposto a un intervento al cervello per ridurre il tremore del Parkinson). Porta chi legge in una dimensione quasi sconosciuta in Italia, dove questo servizio non esiste, e ci fa apprezzare per una volta la sanità americana di cui tendiamo a guardare solo le (pur moltissime) pecche. Certo, il nostro non è ancora un Paese multiculturale come gli Stati Uniti, benché (come risulta dall’ultimo rapporto Ismu sulle migrazioni uscito nel 2024) gli emigrati che sono radicati in Italia superino i 5 milioni, con un impatto significativo sulla scuola, sul mercato del lavoro e, appunto, sulla sanità.

Linda De Luca

Fonte: Il Sole 24 Ore