Una sfilata e una mostra: Parigi immersa nella bellezza secondo Dolce&Gabbana
Oltre quarant’anni di sodalizio creativo, personale e imprenditoriale. Oltre quarant’anni di indipendenza fieramente difesa anche quando iniziava il risiko (mai finito) delle acquisizioni di piccoli, medi e grandi marchi della moda da parte, in particolare, dei due gruppi francesi del lusso, Lvmh (oggi numero uno al mondo del settore) e Kering. Oltre quarant’anni di sperimentazioni non solo stilistiche, ma anche commerciali, accanto a diversificazioni di prodotto, mercati e distribuzione.
«La libertà che avevamo all’inizio era quella di due giovani entusiasti che stavano realizzando il loro sogno – spiegano Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che diedero vita al loro marchio a Milano, nel 1984 –. Nei primi anni ci concentrammo in particolare sulle collezioni donna e uomo di pret-à-porter e accessori. A guardarci indietro sembra quasi incredibile anche a noi che da quell’inizio siano nati tantissimi altri progetti e che oggi la Dolce&Gabbana sia una delle più note aziende italiane della moda, presente anche nella casa, nei progetti residenziali internazionali, oltre che nel beauty e nell’alta gioielleria e orologeria. La cosa più importante però non è la grandezza (quasi 1,9 miliardi di fatturato, ndr), bensì l’essere riusciti a restare indipendenti e liberi. E poi c’è la passione per il nostro lavoro e per il desiderio di guardarci sempre intorno e allo stesso tempo dentro di noi, trovando idee, stimoli, nuove sfide».
Il quadro tratteggiato oggi, quasi con nonchalance, dai due stilisti-imprenditori nel 2024 e in questo inizio di 2025 è stato arricchito da due nuove, importanti, pennellate. Nello scorso anno la mostra «Dal cuore alle mani», dedicata ai primi dieci anni di collezioni di alta moda, sartoria e gioielleria Dolce&Gabbana, è stata la più vista di Palazzo Reale, a Milano. E il 10 gennaio si è spostata al Grand Palais, nel cuore di Parigi: «È la prima volta che un luogo tanto magico, legato alla storia culturale e sociale della capitale francese, ospita una mostra di moda di una maison italiana – ricordano Domenico Dolce e Stefano Gabbana –. Già questo sarebbe stato un motivo di felicità e un grande riconoscimento di quello che abbiamo fatto dal 1984 e poi dal 2012 con le collezioni di alta moda, sartoria e gioielleria. Sogno nel sogno, ci è stato chiesto di presentare una collezione di alta moda sempre qui a Parigi e in un luogo magico al pari del Grand Palais, l’Hotel de la Marine, in Place de la Concorde. Pur stretti tra gli impegni di Milano per la moda uomo (si veda Il Sole 24 Ore del 19 gennaio) e per la donna (la sfilata Dolce&Gabbana sarà il 1° marzo), come avremmo potuto rifiutare?».
Non solo la sfilata si è svolta, ma Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono riusciti a creare un’alchimia tra il dna siciliano del marchio e Parigi e la Francia. «Siamo nella patria dell’haute couture, che per noi è stato un traguardo importante. Finora avevamo creato collezioni fortemente collegate allo spirito e alle artigianalità dei luoghi dove le abbiamo presentate, in un grand tour partito da Taormina nel 2012 e che ci ha portati da Napoli al lago di Como, da Venezia alla Puglia e che in luglio approderà a Roma. Per Parigi serviva qualcosa di diverso, che rappresentasse l’anima di Dolce&Gabbana ma fosse pure un riconoscimento alla bellezza e al fascino della cultura francese, concentrato in un’unica serata».
È nata così la collezione Les Siciliennes, che ha sfilato domenica scorsa, alla vigilia delle tradizionali giornate dell’haute couture. «Il fil rouge, ci si perdoni, il gioco di parole, è il nero, colore che da sempre caratterizza Dolce&Gabbana. Ma ci sono tocchi d’oro ovunque, a partire dai rosari e persino un abito… rosso. Tutti subiscono il fascino di Parigi, ma anche i francesi subiscono quello dell’Italia e in particolare della Sicilia – concludono Domenico Dolce e Stefano Gabbana –. Per la collezione e per la musica che ha accompagnato la sfilata ci siamo ispirati in parte a I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, che gli fu commissionata dall’Opéra di Parigi e che molto considerano il suo capolavoro».
Fonte: Il Sole 24 Ore