Un’esplosione di bellezza e perfezione

La Basilica si fa bella per il Giubileo della Speranza: la bellezza che la Chiesa è chiamata a riflettere, ma anche l’invito a un rinnovamento interiore.

Il baldacchino venne realizzato tra il 1624 e il 1635 per il papa Urbano VIII Barberini dall’architetto Gian Lorenzo Bernini con Francesco Borromini, suo rivale ma determinante per il gioco di squadra. Il monumento in bronzo dorato, alto quasi 30 metri, si innalza su quattro slanciate colonne tortili ispirate alle colonne marmoree disposte attorno alla tomba di Pietro nell’antica basilica e oggi visibili sulle Logge delle Reliquie. Queste magnifiche colonne, alte 11,20 metri, poggiano su piedistalli recanti gli stemmi papali con le simboliche “api Barberini”. Sul cielo del baldacchino è la Colomba dello Spirito Santo, mentre sul fastigio, dominato dalla croce sul globo, quattro artistici angeli si alternano a quattro coppie di putti recanti le chiavi e il triregno di San Pietro e la spada e il libro di San Paolo. Per l’intera opera, con preziose lumeggiature d’oro, vennero utilizzate circa 68 tonnellate di bronzo. E pensare che in antico adagio recita: «Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini» (Quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini).

I lavori di restauro, sotto la direzione tecnico-scientifica della Fabbrica di San Pietro e in sinergica collaborazione con il Laboratorio di Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani, sono stati eseguiti da maestri restauratori di consolidata e riconosciuta esperienza. A sostenerne l’onere finanziario, per circa 700mila euro, è l’Ordine dei Cavalieri di Colombo che da oltre quarant’anni collabora con la Fabbrica di San Pietro.

L’ingegnere Alberto Capitanucci, responsabile dell’area tecnica della Fabbrica di San Pietro con Pietro Zander, responsabile della Sezione Necropoli e Beni Artistici della Fabbrica hanno lavorato braccio a braccio, senza risparmiarsi. Nei loro occhi la gioia e l’emozione di chi sa di aver avuto un appuntamento irripetibile con la storia.

Un restauro che ha fornito nuove informazioni grazie all’analisi dei materiali e delle tecniche impiegate. Ogni colonna, ad esempio, è composta da tre parti fuse, a cui si aggiungono il basamento e il capitello, e ciascuna parte presenta foglie di alloro, puttini e api, tutti parte della stessa fusione e non saldati separatamente. È un processo, a detta degli esperti, estremamente complesso, eseguito alla perfezione, come tutto ciò che si trova in San Pietro. Ed è così che ci si ritrova dinnanzi a un’esplosione di bellezza e perfezione.

Fonte: Il Sole 24 Ore