UniCredit-BancoBpm, ecco come funziona la passivity rule in Italia

UniCredit-BancoBpm, ecco come funziona la passivity rule in Italia

L’Ops lanciata da UniCredit su BancoBpm ha fatto tornare d’attualità il tema della passivity rule, che vincola le mosse difensive della società-preda dell’Offerta. Ma come funziona in dettaglio la passivity rule? Lo abbiamo chiesto a Marco Ventoruzzo, professor of law all’Università Bocconi di Milano e presidente dell’Associazione Intermediari Mercati Finanziari (Amf).

Dopo il lancio dell’Ops su BancoBpm da parte di UniCredit si fa un gran parlare di passivity rule, ovvero della norma che in caso di offerta pubblica assoggetta la società target a una serie di vincoli nell’adottare misure difensive. Come funziona la passivity rule?

Durante il periodo d’offerta, ossia da quando è annunciata sino alla chiusura, è necessaria una specifica autorizzazione dell’assemblea dei soci della società bersaglio per realizzare operazioni che possano ostacolare l’offerta, salvo rientrino nelle normali attività societarie. Si noti che spesso operazioni straordinarie richiedono comunque, anche in assenza di opa, il voto degli azionisti, ma con la passivity rule la competenza assembleare è estesa anche a operazioni che altrimenti potrebbero realizzare gli amministratori da soli. Si vuole così far decidere i soci destinatari dell’offerta se resistere alla scalata o accogliere la proposta dell’offerente. La regola esiste, seppur con variazioni sul tema, in tutta Europa in forza di una direttiva del 2004, mentre negli Usa gli amministratori sono più liberi di adottare difese senza l’avallo dei soci, sebbene le loro decisioni sono valutate con un metro più rigoroso di quello usuale, i doveri fiduciari sono irrigiditi.

L’articolo 104 del Tuf prevede espressamente che «la mera ricerca di altre offerte non costituisce atto od operazione in contrasto con gli obiettivi dell’offerta». Vuol dire che la «mera» ricerca non soggiace alla passivity rule?

Corretto, e la ragione di questa maggiore libertà lasciata agli amministratori è che l’arrivo di un “cavaliere bianco” tendenzialmente genera una sorta di asta al rialzo positiva per gli azionisti. Va però detto che il limitato numero di offerte ostili realizzato in Italia negli anni non consente una interpretazione granitica sui confini di questa facoltà, inoltre la fonte europea di questa regola è stringata e quindi nemmeno la direttiva aiuta molto.

Fonte: Il Sole 24 Ore