Unioni civili, la rottura del primo matrimonio etero non basta per l’assegno

L’essersi lasciata alle spalle un matrimonio eterosessuale nel quale erano nate tre figlie e l’aver investito nella relazione di coppia, non basta alla ex per ottenere l’assegno di mantenimento dalla partner alla fine dell’unione civile. Nè può essere utile giocare la carta della depressione, se non è provata l’inabilità al lavoro, visto che la donna svolgeva un’attività durante l’unione. Un’occupazione che aveva lasciato volontariamente per non perdere la pensione di invalidità.

La decisione di lasciare il lavoro per tenere la pensione

La Cassazione (sentenza 24930), respinge il ricorso della signora, che si considerava la parte economicamente più debole della coppia, contro la decisione del tribunale di negare un mantenimento mensile. I giudici di prima istanza avevano, infatti, verificato che anche l’obbligata era senza redditi al momento della decisione di primo grado perché, pur avendo lavorato in precedenza, aveva contratto una serie di debiti nel corso dell’unione civile. Il no era dunque basato sulla “sostanziale e quasi totale assenza di redditi di entrambe le parti”, condizione che non consentiva di offrire sostegno economico alla ex compagna.

Inutile per la ricorrente ricordare la disparità di condizioni con la ex che aveva un lavoro, una casa di proprietà e un’auto, mentre lei disponeva solo della pensione di invalidità.

L’assegno di mantenimento ha una funzione assistenziale

Alla Suprema corte risulta invece una totale assenza di entrate economiche della ex alla quale si chiedeva il mantenimento. I giudici di legittimità ricordano che nelle unioni civili il riconoscimento dell’assegno di mantenimento – che ha una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa, “richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex partner istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive” .

Nel giudizio pesa, in particolare, la comparazione “delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto”.

Fonte: Il Sole 24 Ore