Urso: «Stato fuori da ex Ilva». Nuova cigs per il gruppo
Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, l’ex Ilva, chiede il rinnovo della cassa straordinaria per il 2025 con decorrenza 1 marzo, ma la riduce rispetto a quella in corso. Se a luglio 2024 al ministero del Lavoro fu trovato un accordo su un numero massimo di 4.050 cassintegrati nel gruppo, di cui 3.500 a Taranto – ma si era partiti da una richiesta di 5.200 di cui 4.400 a Taranto – stavolta AdI chiede la cassa per 3.420 dipendenti. Rispetto a quella in corso, sono 630 in meno. A Taranto gli interessati con la nuova procedura sono 2.955, negli altri siti 465, di cui 225 a Genova e 155 a Novi Ligure.
La sospensione, si dice nella lettera spedita il 3 febbraio dall’azienda ai ministeri del Lavoro e delle Imprese, ai sindacati e alle Regioni interessate, «avrà durata commisurata alla gestione dei commissari straordinari». Il rinnovo della cassa, infatti, si incrocia con la procedura di vendita in atto, per la quale entro il 14 febbraio sono attesi i rilanci delle offerte da parte dei tre gruppi che puntano all’intera AdI senza frazionamenti. E sono Jindal International, Baku Steel e Bedrock, provenienti rispettivamente da India, Azerbajian e Usa. Aziende le prime due, fondo di investimento il terzo.
Il ministro Urso: dalle cordate proposte serie
Proprio sulla gara internazionale, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, commenta: le cordate «hanno fatto delle proposte serie» per l’ex Ilva, ora «siamo alla fase di rilancio che si concluderà tra qualche giorno e sono convinto che ci sarà una conclusione positiva, così come accaduto in tutte le procedure che in questi due anni abbiamo affrontato. In questo caso, ove avvenisse, ed è l’augurio di tutti, ci ritroveremo ad avere compiuto il percorso nell’arco di un anno. L’amministrazione straordinaria è stata eseguita alla fine del febbraio dello scorso anno, non è ancora passato un anno – rileva Urso – e nel contempo è stata indetta una gara internazionale per l’assegnazione». Inoltre, per il ministro, «è stata ripristinata la piena produttività dell’altoforno 4, che era ormai in procinto di essere sospesa, è stato riattivato un altro altoforno e si stanno realizzando le iniziative perché anche il terzo altoforno tra pochi mesi sia in piena funzione. Abbiamo dato ristoro – evidenzia Urso – alle imprese dell’indotto con una procedura innovativa ed efficace». E poi è stato «realizzato un accordo con i sindacati per la gestione della cassa integrazione, si è proceduto al ristoro, come giusto che fosse, dei cittadini di Tamburi e nel contempo si è dato vita al Tecnopolo di Taranto, che dovrà realizzare la sua attività per quanto riguarda la transizione ambientale. Tutto questo, lo ricordo – sostiene ancora Urso – in meno di un anno per fare del polo di Taranto l’impianto siderurgico più avanzato d’Europa».
Lo Stato in uscita
«Io ho l’impressione che in questi anni la presenza dello Stato non abbia contribuito per l’ex Ilva. Quindi di per sé la presenza dello Stato non sempre è una soluzione al problema», ha detto poi Urso. «Noi abbiamo una visione pragmatica e non ideologica: la presenza dello Stato sarà esaminata, ma non mi sembra che il bilancio di questi anni in cui Invitalia aveva una parte importante e significativa in Acciaieria d’Italia possa essere giudicata positiva», ha concluso il titolare del ministero del Made in Italy.
Previste 3,5 milioni di tonnellate quest’anno
Nel frattempo, AdI è scesa sotto i 10mila dipendenti (sono 9.773 al 31 gennaio) e il sito di Taranto sotto gli 8mila (7.964 alla stessa data). Sebbene la cassa in corso sia stata chiesta per 3.500 unità a Taranto, questo numero non è mai stato toccato. La cassa ha sempre oscillato in una fascia compresa tra i 2.300 e i 2.800 dipendenti. A questo si aggiunga che dopo l’avvio della cassa, da metà ottobre AdI sta producendo con due altiforni ed ha chiuso l’anno scorso con 2 milioni di tonnellate. L’azienda dichiara che c’è la previsione «di un graduale incremento sino a raggiungere circa 3,5 milioni di tonnellate a dicembre 2025 a seguito della ripartenza dell’altoforno n. 2, sebbene in sostituzione di uno dei due altiforni attualmente in marcia». Tuttavia, aggiunge, «i livelli produttivi attuali ed attesi non sono ancora sufficienti a garantire l’equilibrio e la sostenibilità finanziaria degli oneri derivanti dalla gestione di impresa e pongono – in prospettiva – in strutturale squilibrio il rapporto costi/ricavi dell’intero ciclo produttivo gestiti da AdI spa in amministrazione straordinaria. Tanto – sostiene AdI – determinerà la necessità di riduzione del fabbisogno di risorse umane in ragione delle non transitorie inattività degli impianti, derivanti da fermate parziali o anche totali degli stessi, ovvero dalla ridotta alimentazione degli asset produttivi».
Fonte: Il Sole 24 Ore