Verso il sì al Ddl Sicurezza: dall’alt alla cannabis light alle armi libere per gli agenti

Manifestazioni, per i danni ora si rischia di più

L’articolo 12, introdotto in commissione, inasprisce le pene (reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e multa fino a 15mila euro) per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o minaccia.

L’ampliamento del Daspo urbano contro i borseggi

Con l’articolo 13 il Ddl estende l’ambito di applicazione della misura di prevenzione del divieto di accesso alle aree urbane, disposta dal questore, anche nei confronti di coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nei cinque anni precedenti, per uno dei delitti contro la persona o contro il patrimonio previsti dal libro secondo, titoli XII e XIII del Codice penale, qualora siano commessi nelle aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze. L’osservanza dell’alt è ulteriore condizione al cui rispetto può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena. La disposizione estende infine l’ambito di applicazione dell’arresto in flagranza differita anche al reato di lesioni cagionate a un pubblico ufficiale in servizio in occasione di manifestazioni e individua le sanzioni nei casi di lesioni cagionate al personale sanitario a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso.

I blocchi stradali diventano delitto

L’articolo 14 del provvedimento, molto controverso, eleva da illecito amministrativo a illecito penale, punibile con la reclusione fino a un mese o la multa fino a 300 euro, il blocco stradale o ferroviario attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo. La pena è aumentata (da sei mesi a due anni) se il fatto è commesso da più persone riunite, come avvenuto ad esempio con gli attivisti per l’ambiente di Ultima generazione.

Detenute madri, reclusione possibile anche con i neonati

Ancora più contestato è stato l’articolo 15 fortemente voluto dalla Lega, che modifica gli articoli 146 e 147 del Codice penale rendendo facoltativo, e non più obbligatorio, il rinvio dell’esecuzione della pena per le condannate incinte o madri di figli di età inferiore a un anno e disponendo che scontino la pena, qualora non venga disposto il rinvio, presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri. L’esecuzione non può essere rinviabile ove sussista il rischio, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti. Inizialmente la maggioranza si era spaccata, con Forza Italia contraria alla norma. Ma in Aula il dissenso è rientrato ed è stato approvato un generico emendamento di compromesso che prevede una relazione al Parlamento sull’applicazione delle misure.

Accattonaggio, il pugno diventa più duro

Viene punito l’impiego nell’accattonaggio di minori fino ai 16 anni (non più fino ai 14) e la pena sale da uno a cinque anni di reclusione al posto dei tre anni al massimo previsti finora. Il Ddl introduce la fattispecie di «induzione all’accattonaggio»: per chiunque se ne macchi la pena passa dalla reclusione da 1 a 3 anni a da 2 a 6 anni. L’età inferiore a 16 anni della persona offesa è prevista come circostanza aggravante ad effetto speciale, per la quale si prevede un aumento di pena da un terzo fino alla metà.

Fonte: Il Sole 24 Ore