Vi spiego perché la Barbera è un grande vino (ed è facile da abbinare)

Vi spiego perché la Barbera è un grande vino (ed è facile da abbinare)

Partiamo subito sgomberando il campo dalla questione gender: si dice la Barbera o il Barbera? In verità entrambe le espressioni sono corrette anche se, a voler essere precisi, ci si rivolge col femminile “la Barbera” per indicare il vino, mentre “il Barbera” fa riferimento al vitigno. Al di là di queste minuzie, la Barbera ben fatta è un grande vino, duttile e gastronomico perché si abbina senza troppo impegno con un bel po’ di piatti, dai tortellini in brodo al brasato.

 Ne è passato di tempo, da quando Gaber cantava “Barbera e Champagne”, riconoscendo nel calice di Barbera il simbolo del vino popolare e a buon mercato servito nelle trattorie e nelle bottiglierie, ossia nei “trani” milanesi (per chi pratica la lingua). Da lì in poi sono cambiate tante cose e di mezzo abbiamo vissuto la rivoluzione guidata dall’indimenticato Giacomo Bologna, il quale attraverso affinamenti brevi in barrique ha reso quel vino finalmente importante, nobilitandone la fama fino a quel momento non del tutto rispettata. Era il periodo della contesa tra modernisti e tradizionalisti, del quale i “Barolo Boys” – su altro versante produttivo – rimangono il simbolo.
Anche la Barbera ha vissuto tra la metà degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Duemila questa trasformazione. Le botti grandi di Giuseppe Rinaldi e Bruno Giacosa – usate tradizionalmente a contenere la vitalità del vitigno – si sono misurate con i vini affinati in botte piccola, da Giacomo Bologna; processo che rendeva la Barbera più piena, speziata e strutturata.

 Quale che sia lo stile che preferite la Barbera è un vino adatto per accompagnare diversi cibi. La sua forza è la bevibilità: sia giovane come aperitivo, ma anche con semplici salumi. Se invece scegliete delle Barbera più corpose, la possibilità di abbinamento è vastissima: tortellini in brodo, grigliate, brasati, arrosti, timballi e paste al forno. Oppure, perché no, provatela su cucine etniche come quella indiana: sarà una piacevolissima scoperta. Un importante accorgimento da ricordare è però (mi raccomando) la temperatura di servizio: sempre meglio servirla con qualche grado in meno piuttosto che tiepida, come purtroppo continua ad accadere in molti ristoranti dove il concetto di temperatura ambiente non si riferisce a quello di cantina (ovvero intorno ai 16 gradi) ma a quello vicino ai fornelli o al termosifone.

Ma torniamo all’esperienza sensoriale della Barbera. Il colore intenso, i sentori aromatici di frutta rossa, le spezie e le note floreali la rendono seducente per il palato, intrigante direi. Non è un vino troppo tannico, ma la caratteristica che la rende unica è la sua acidità. È un vino moderno e gastronomico, come già detto. Il vitigno si adatta bene alla crescita in zone calde – per via della spiccata acidità – sempre più diffuse a causa del cambiamento climatico in corso che ben conosciamo. Inoltre, rispetto all’austero quanto nobile Nebbiolo, ha quasi sempre un punto di bevuta più facile da trovare. In Italia è seconda per diffusione solo al Sangiovese e si esprime ai massimi livelli in Piemonte, soprattutto tra Langa e Monferrato (ma attenzione alla denominazione Nizza). Vini eccellenti e acquistabili anche a prezzi moderati. Detto questo, il Barbera è coltivato e diffuso in tutto il mondo, spesso con buoni risultati. Ha seguito le rotte dell’emigrazione italiana e non a caso in Argentina è uno dei vitigni più coltivati. A dirla tutta anche California, Uruguay e Australia non se la cavano male, ma io suggerisco, come sempre, di bere italiano.

Fonte: Il Sole 24 Ore