
Vinitaly al via, cantine alla ricerca di alternative per arginare l’effetto dazi
Per quanto riguarda le possibili soluzioni, una strada è stata suggerita dal presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi che ha sottolineato la necessità di «un accordo con gli importatori Usa che traggono profitto più di noi dai vini italiani: serve condividere l’extra costo ed evitare di trasferirlo ai consumatori». E quindi calmierare i listini.
Altre indicazioni vengono poi da una lettura più approfondita dei dati dell’export 2024 di vino. Il dato generale ha fatto segnare un nuovo record con 8,1 miliardi di euro (+5,5%). I numeri hanno inoltre confermato gli Usa come primo sbocco in valore (1,93 miliardi di euro, +10,2%). Risultato frutto anche del vero e proprio exploit di fine anno con tanti importatori statunitensi che hanno accelerato i propri acquisti per rafforzare il magazzino proprio in previsione dei nuovi dazi. Secondo alcune stime gli acquisti Usa di vino dall’Italia hanno fatto segnare un +20% solo negli ultimi due mesi dell’anno.
C’è poi una sensazione positiva: come gli importatori americani hanno anticipato i propri acquisti in previsione dei dazi qualcosa del genere si è verificato anche tra i produttori italiani che già dallo scorso anno hanno cominciato a sondare nuovi mercati di sbocco o a rafforzare altri con forse ancora un potenziale da esprimere. O almeno questo indicano i numeri. Infatti al di là del sostanzioso +15,3% fatto segnare dal Canada che ormai con 447milioni di euro di fatturato è il quarto approdo del vino italiano, tra i paesi extra Ue va segnalato il forte “ritorno” della Russia (230 milioni, +45,6%). Anche se il dato, letto con i contemporanei cali registrati in paesi limitrofi come Norvegia (-10,9%) e Lettonia (-12,5%), probabilmente rappresenta il ritorno di un flusso diretto che invece negli anni della guerra e delle sanzioni Ue è stato spesso “triangolato”. Bene anche il Brasile (41 milioni, +12,6%) sbocco che potrebbe crescere ancora con l’accordo Ue-Mercosur.
Ma, soprattutto, alcuni dati positivi sono venuti, un po’ a sorpresa, dalla vecchia Europa. A cominciare dal +3,7% fatto registrare dalla Germania (secondo mercato in assoluto e unico con gli Usa a superare il miliardo di acquisti di vino italiano con 1,18 miliardi). Molto bene è andata l’Olanda (257 milioni, +10,1%), l’Austria 163 milioni, +14,4%), la Danimarca (150 milioni, +4,9%), la Repubblica Ceca (105 milioni, +4,1%). Tra i paesi che hanno fatto registrare un’accelerazione dell’import di vino dall’Italia anche l’Irlanda (58,5 milioni, +19,5%), proprio il paese che vorrebbe inserire alert in etichetta sul vino per dire che “nuoce alla salute” come le sigarette.
La sensazione insomma è che gli “anticorpi” si siano già messi in circolo e che il vino italiano che di crisi ne ha già affrontate molte dal proverbiale metanolo alla crisi finanziaria del 2008, dal Covid che ha a lungo chiuso ristoranti e bar alla guerra russo-ucraina che ha fatto esplodere i costi, abbia le carte in regola per superare anche questa.
Fonte: Il Sole 24 Ore