Vinitaly, tra gli stand degli espositori: dazi Usa, minaccia o opportunità per l’export del vino italiano?

Vinitaly, tra gli stand degli espositori: dazi Usa, minaccia o opportunità per l’export del vino italiano?

In media, infatti, una bottiglia che parte dall’Italia a 5 euro si ritrova sugli scaffali nella grande distribuzione a un prezzo superiore a 15 dollari. In questo ricarico c’è il trasporto ma anche un margine degli importatori che spesso è superiore a quello degli stessi produttori.

La strada suggerita da Frescobaldi però sta stentando a decollare. In molti casi la proposta è stata rigettata dai buyer Usa. In un caso, quello della Republic National Distributing Company, secondo principale distributore di bevande alcoliche di vino e alcolici di alta qualità negli Stati Uniti, l’idea non è stata respinta in linea di principio ma è stato risposto che “non è possibile modificare le condizioni contrattuali per i prossimi 120 giorni”. Insomma, se ne riparlerà tra 4 mesi.

In un caso, quello della cooperativa romagnola Cevico, è stato l’importatore americano a proporre un taglio simmetrico dei margini del 10%, ma la proposta è stata rifiutata dalla cantina italiana.

“Sarebbe la strada più logica ma non è semplice da percorrere – ha chiarito il Ceo di Feudi di San Gregorio, Antonio Capaldo -. E questo perché gli importatori americani hanno totale libertà di pricing. Quindi se io, da un lato, sono certo di applicare un taglio del 10% al mio margine, dall’altro, non sono altrettanto certo che lo farà il mio partner Usa”.

E non manca chi intravede nell’opzione tariffaria un’opportunità. “Tra gli stand sento di tutto – ha commentato Massimo Tuzzi, Ceo del Gruppo Terra Moretti (titolare di marchi come Bellavista, Contadi Castaldi, Sella & Mosca) – sento alcuni che minacciano il suicidio e altri che vedono una chance promettente. Io sono tra questi perché penso che possiamo cogliere quest’opportunità per alzare i prezzi e il valore percepito dei nostri vini. Sul terreno del valore delle bottiglie abbiamo tanto spazio da recuperare rispetto ai francesi. Io sono ottimista, penso che possa rivelarsi un’opportunità di valorizzazione ma anche una chance per innovare, per cambiare qualcosa. Tanti di noi l’export lo costruiscono mandando campioni, un listino prezzi e poi si recano all’estero a raccontare quanto i nostri vini siano buoni. Proviamo a cambiare qualcosa anche sotto il profilo del marketing. Cogliamo questo nuovo scenario per individuare strade nuove”.

Fonte: Il Sole 24 Ore