«Viva!», Air e Underworld accendono l’elettronica (e l’economia) in Valle d’Itria

La tendenza è nota: il turismo culturale rappresenta una formula vincente, soprattutto in Italia, dove gli attrattori si distinguono positivamente sia a livello qualitativo che quantitativo. Grandi metropoli, città d’arte e location di profilo prettamente naturale contribuiscono in maniera determinante al successo di un territorio. Ma come radicare il flusso turistico quando l’offerta diventa incredibilmente eterogenea e (in alcuni casi) addirittura artefatta? La parola chiave è «autenticità», una qualità che i turisti sono pronti a inseguire dai quattro angoli del globo, consapevoli che la scoperta di un luogo passa proprio dal lavoro che la comunità di riferimento realizza per preservare le specificità locali.

La scommessa di «Viva!»

Lo sanno bene gli organizzatori del «Viva! Festival», la manifestazione che da otto edizioni si tiene a Locorotondo, la perla della Valle d’Itria, e che è ormai diventata un appuntamento di culto per gli amanti della musica elettronica contemporanea. La scommessa del «Viva!», infatti, ruota attorno a due direttrici apparentemente divergenti: da una parte realizzare un evento di taglio internazionale, che riesca a competere con i più interessanti festival europei. Dall’altra integrare questa particolare manifestazione nel tessuto paesaggistico e socio-culturale della Valle d’Itria, un luogo in cui la tradizione e la natura convivono in maniera evidentemente sinergica.

Tra Air e Underworld

Per l’edizione di quest’anno, che si terrà da giovedì 1 a domenica 4 agosto, la line-up intende raccontare il nostro tempo attraverso i suoni e le produzioni che stanno cambiando il profilo della musica contemporanea. Da sempre avamposto votato all’innovazione e all’avanguardia musicale, con due clamorosi headliner come Air e Underworld il «Viva!» ha scelto un sound capace di attraversare il tempo e lo spazio, con due formazioni che hanno rinnovato l’elettronica e aperto la strada a nuove suggestioni sonore. Accanto a questi nomi arrivano poi artisti protagonisti di questi anni Venti, fra cui Dardust, Shygirl, The Blaze e Venerus, che saliranno sul palco allestito nella splendida Arena Valle d’Itria. Questo spazio, totalmente immerso nella natura, è posizionato a ridosso del borgo antico di Locorotondo, nel fulcro di un’oasi naturale paesaggisticamente memorabile. La vicinanza fra il borgo e la venue dei concerti sarà inoltre rafforzata da incontri, dibattiti ed eventi collaterali diffusi anche all’interno del tessuto cittadino.

La vision degli organizzatori

«Come imprenditori del mondo musicale è per noi imprescindibile avere lo sguardo a quanto accade a livello internazionale», spiega Giuseppe Conte della direzione del Viva! festival. «Siamo però altrettanto consapevoli dell’unicità del territorio in cui viviamo e riteniamo questi luoghi elementi fondanti dell’identità della manifestazione. Quando programmiamo una nuova edizione, lo facciamo immaginando le possibili interazioni con gli spazi naturali e urbani in cui viviamo, che divengono motivo di scoperta e di partecipazione non solo per gli spettatori, ma anche per gli artisti».

La Valle d’Itria (e Locorotondo in particolare) è infatti divenuta una delle location di maggior richiamo turistico mondiale, non solo perché dista meno di 20 chilometri dalla sede in cui si è tenuto l’ultimo vertice del G7, ma soprattutto perché preserva un imprinting fondamentale con le abitudini locali e con il «pensiero meridiano», che ha posto le basi di una nuova cultura orgogliosamente meridionale. A sostenere questa linea di pensiero è anche Antonio Convertini, presidente della Banca di Credito Cooperativo di Locorotondo, che ha deciso di credere e investire nella manifestazione. «Abbiamo deciso di essere al fianco del Viva! Festival perché si inserisce all’interno della grande storia della Valle d’Itria, con implicazioni non solo “emozionali” ma anche economiche, sociali, rituali, antropologiche, che rappresentano una vera comunità in relazione e sempre in cammino. Non si tratta dunque solo di un ritorno economico per tutte le strutture del territorio, ma soprattutto di benefici che questo progetto culturale determina in termini misurabili, con paradigmi persino etici».

Fonte: Il Sole 24 Ore